Ricevo una mail e volentieri pubblico, avendone avuta autorizzazione con l’accortezza di omettere particolari che possano far risalire all’autore. Mi è piaciuta non soltanto l’analisi tecnica, professionale, sulle nuove possibilità di ottenere energie a costo irrisorio (il mito della cosiddetta “free energy“), ma la vicenda personale, umana, in cui mi sono completamente riconosciuto.

Anch’io, infatti (come tanti miei coetanei, mi sembra di capire) ho vissuto e vivo lo strappo fra quello che devo fare, per vivere (“tengo famiglia“) e quello che sembrerebbe essere alla portata di mano, un modo migliore, con una moneta che non affami i popoli, una medicina che non renda le persone dipendenti dai farmaci, una energia che non costi guerre, morti e inquinamento… e via dicendo. Forse, come gli ho risposto, noi maschietti sentiamo più il bisogno di modificare il mondo, lasciare un segno del nostro passaggio, per dare un senso alla nostra vita; le nostre compagne, forse per l’esperienza del parto e della maternità, sentono meno questo fuoco. Non so, per il momento buona lettura.

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Ciao Alberto,

mi sono fatto dare da Xxxxxxx il tuo indirizzo privato per mandarti questa mail.

Leggendo il tuo libro e il tuo blog ho visto che sei una persona con una mente aperta e vorrei condividere con te la mia esperienza personale con la Fusione Fredda, qui di seguito trovi un po’ la storia della mia vita condita da riflessioni con una proposta finale.

Spero solo di non annoiarti perchè per essere esaustivo sono stato incredibilmente lungo, ma in questo modo puoi avere esattamente idea del mio punto di vista.

Sperando di risentirti.

Sono nato nel xxxx, dopo il liceo ho pensavo di abbracciare la vocazione ma poi ho abbandonato questa strada e mi sono laureato in fisica. Ho conservato però l’idea di vivere la vita come una vocazione spirituale e non tanto come una competizione per raggiungere traguardi materiali. In questo modo  mi sono posto nel mondo del lavoro ma questo mio atteggiamento “morale” mi ha successivamente creato problemi, perchè non tutti si comportano onestamente nel mondo del lavoro. Questo lo avrei capito solo successivamente con ripercussioni sulla mia “carriera“.

Appena laureato in fisica sono stato assunto in un importante centro di ricerca, l’Istituto xxxxxxx che è passato, nell’arco dei 19 anni in cui ci ho lavorato, dalla Montedison ad Eni passando per Enimont e le vicende legate a Raoul Gardini, non so se ricordi. Lì inizialmente ci siamo occupati di tematiche chimiche (anni ’90) ma all’incirca nel 2000 siamo passati a tematiche di tipo energetico ed in particolare c’era stata assegnata la ricerca su tematiche di energie alternative per conto del gruppo Eni, il cui “core business” è l’energia.
http://it.wikipedia.org/wiki/Centro_Ricerche_per_le_Energie_Non_Convenzionali_-_Istituto_Eni_Donegani
http://www.eni.com/it_IT/innovazione-tecnologia/centri-ricerca-eni/istituto-donegani/istituto-donegani.shtml
Ero molto orgoglioso del mio lavoro, mi sentivo “al posto giusto” ed ero fiero di far parte di una grande organizzazione, mi sentivo un protagonista.

Sintetizzo qui in poche frasi un percorso che in realtà ha avuto una durata temporale di circa 20 anni in cui le illusioni e le aspettative di me giovane sono state disattese sia a livello umano da alcuni colleghi, sia a livello “strategico” o “politico” per come sono impostate le scelte agli alti livelli, le stesse ragione per cui (credo di capire) hai pubblicato il libro “ingannati” e gestisci il blog.

Sfortunatamente (per me) per Eni la ricerca sulle energie alternative serviva soltanto come uno specchietto per allodole, per poter cioè essere classificata come azienda verde che investe in una economia ecosostenibile. Ma entrando nel merito delle scelte che ho visto fare a livello di ricerca sono entrato in un forte conflitto con struttura e con la gerarchia, tanto che dopo qualche anno di conflitti me ne sono andato e ho cambiato lavoro.  Volendo essere oltremodo pessimisti (come io sono) gli stipendi che vengono pagati alla ricerca Eni servono esclusivamente a fare sì che Eni stia nell’indice FTSE Good del listino di Londra, ragione per cui investano in azioni ENI tuta una serie di soggetti economici tipo fondi pensione ecc. Questo mi pare sia l’ottica Eni della ricerca in energie alternative. Ho salvato un video preso dalla intranet Eni in cui Scaroni lo dice con molta chiarezza. Per mia impostazione di vita non potevo più rimanere in una situazione simile, e quindi ora mi occupo di siti web in una piccola azienda con mio cugino con un contratto CoCoPro o similare. 

Se da un punto di vista umano e lavorativo sono più soddisfatto di questa sistemazione, da un punto di vista professionale vivo la cosa come un fallimento: non sono riuscito a rendermi utile nel campo delle energie alternative.

Proprio nel centro di ricerca, pressapoco attorno all’anno 2000 avevo conosciuto  Gianfranco Cerofolini, una persona che stimavo come professionista e ricercatore serio e mi era capitato di leggere il suo nome legato ad alcune pubblicazioni nel campo della fusione fredda, che  allora pensavo si trattasse di una bufala.

Ho approfondito il discorso con lui e lui mi ha raccontato e introdotto al tema da un punto di vista  professionale ragione per cui ho fatto un percorso di conoscenza che mi ha portato a riflettere e intuire i meccanismi che stanno dietro la stesura del libro “Il segreto delle tre pallottole” di cui ti consiglio la lettura se vuoi davvero capire e approfondire cosa deve esserci dietro questa controversa vicenda. Sul blog metti dei link ad alcune conferenze di Del Giudice in cui queste idee sono espresse con grande chiarezza.

Gianfranco Cerofolini era una di quelle persone che nei vari laboratori del mondo si era messo a fare esperimenti all’indomani dell’annuncio di Fleischmann e Pons. Aveva una esperienza diretta, in prima persona dei controversi fenomeni che attengono a quel campo di ricerca.

In pratica ciò che lui mi ha raccontato è che la principale obiezione che veniva fatta a Fleischmann e Pons non era verificata sperimentalmente:  si pensa che due protoni non possano fondere (nelle condizioni sperimentali della fusione fredda) perchè è necessaria una energia e quindi una temperatura molto più elevate, mentre invece lui, negli esperimenti che faceva, trovava fenomeni di fusione anche a bassissime energie e temperature non compatibili con la teoria della barriera coulombiana. 

Abbiamo cercato di collaborare un pochino a livello professionale per sviluppare le idee che lui aveva proposto, quella dell’atomo binucleare, cercando di pubblicare qualche articolo su questo argomento, ma questa operazione non ci è riuscita per motivi vari non da ultimo il fastidio con cui veniva considerato questo argomento, fuori tema, dalla gerarchia del centro di ricerca, questo ha poi portato alle mie dimissioni e alla mia scelta di cambiare vita.

Rimango convinto della validità sostanziale del modello dell’atomo binucleare. La principale critica fatta alle idee di Fleischmann e Pons era che i protoni non possono fondere perché è necessaria una energia elevatissima per avvicinarli alla distanza a cui possono avvenire le reazioni nucleari, ma il principale difetto di questa critica è che l’incontro (nelle condizioni sperimentali di Fleischmann e Pons e di tutti i casi di fusione fredda) avviene non nel vuoto ma all’interno di una matrice metallica, dove la presenza (vicino ai nuclei del metallo) di una densissima nube di elettroni contribuisce a mitigare e ad abbattere la forza di repulsione coulombiana tra due protoni che hanno quindi più facilità ad incontrarsi.

L’idea è comunque stata sviluppata anche da altri come qui:

http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/j100187a023
http://paolo.accomazzi.net/coldfusion/CanBinuclearAtomSolveTheColdFusionPuzzle.pdf
http://www.iscmns.org/siena05/program.htm
http://www.iscmns.org/siena05/accomazzi01.doc

http://arxiv.org/abs/physics/0606082
digressione: il modello di Preparata per la fuzione fredda è altrettanto valido, ma parte dal punto di vista cooperativo di un grande numero di protoni deltro una matrice metallica. Il modello di Cerofolini è invece un modello puntuale che cerca di spiegare sulla base del comportamento di una singola coppia di protoni che fondono

Mi sono quindi convinto, e del resto ci sono molti articoli specialistici che ne affermano la validità, che la fusione fredda sia un fenomeno reale ma che per qualche motivo (non tecnico ma politico) non venga sviluppato a livello di ricerca per passare ad una fase di sfruttamento industriale. 
http://www.fusione-fredda.it/clemario/Rapporto41.htm

Queste premesse hanno fatto in me maturare una scelta abbastanza drastica, quella di abbandonare il mio posto di lavoro in Eni perchè non credevo più in quello che facevo, e ho deciso che se avessi continuato a fare ricerca lo avrei fatto in maniera rigorosamente coerente a ciò che pensavo veramente. Ho deciso di scambiare il lavoro con l’hobby. Prima ero un ricercatore professionale con l’hobby dei computer e di internet, ora mi occupo professionalmente di internet e ho l’hobby della ricerca sulle energie alternative.

A questo punto ho cominciato a considerare alcune notizie che leggevo su internet con una ottica un po’ diversa.

Ti espongo alcuni temi che ho approfondito e che mi hanno fatto molto pensare, sottoponendoli ad una tua supervisione. Mi interessa il tuo parere, quando avrai tempo e voglia di potermelo dare.

Stanley Meyer

Stanley Meyer sosteneva di aver inventato una tecnologia in grado di far funzionare l’automobile ad acqua.

Stanley Meyer non ha le caratteristiche del classico truffatore: si trattava di  un piccolo industriale con alcuni dipendenti, verosimilmente con una discreta disponibilità economica, che non aveva bisogno quindi di truffare per poter sbarcare il lunario.

D’altro canto c’è da dire che (ascoltando le sue conferenze)  era una persona anche abbastanza particolare come mentalità, molto religioso e molto infervorato da una alta considerazione della cultura e dei principi che ispirano gli Stati Uniti d’America. Un patriota americano, insomma.

Il meccanismo che lui affermava di aveva escogitato per trasformare l’acqua in combustibile prevedeva inizialmente una parziale elettrolisi con dissociazione di idrogeno e ossigeno, e successivamente l’iniezione di una miscela del gas sviluppato da questa elettrolisi  ma probabilmente in associazione anche a vapore acqueo e/o acqua attraverso alcune candelette, da lui specificamente progettate e realizzate, che erano in grado di estrarre  dall’acqua una energia esplosiva. Queste candelette, mostrate in diverse occasioni e oggetto di un suo brevetto, erano adatte a sostituire le normali candele dei motori a scoppio ed erano al tempo stesso candele e iniettori, nel senso che iniettavano e attivavano la miscela suddetta di gas da elettrolisi, vapore acqueo e acqua direttamente nel cilindro del motore a scoppio.

Quello che lui sosteneva era che la dissociazione di idrogeno ed ossigeno che lui effettuava non violava la conservazione dell’energia perchè lui riusciva mediante la sua tecnologia ad utilizzare la tensione e non la corrente per il processo di dissociazione, e di fatto leggendo con attenzione i suoi brevetti si fa spesso riferimento ad alte tensioni e circuiti con condensatori e bobine pilotati in frequenza risonante in modo da ottenere un massimo di tensione. Di fatto Stanley Meyer non ha mai voluto rivelare il suo segreto apertamente mantenendo un riserbo e conservando gelosamente il suo segreto, e questo gli è valso moltissime critiche come per esempio da parte di Eugene Mallowe: (in fondo alla pagina)
http://www.rexresearch.com/meyerhy/meyerhy.htm

Leggendo quindi i suoi brevetti mi sono fatto un idea che lui utilizzasse in qualche modo l’alta tensione applicata all’acqua per ottenere un risultato che altri non erano in grado di ottenere sempre supposto che quanto lui affermasse corrispondeva a realtà.

Stanley Meyer ha depositato molti brevetti in un lungo periodo di tempo periodo durante il quale probabilmente è mutata e si deve essere evoluta la tecnologia e le idee che lui aveva nella realizzazione del suo progetto, infatti afferma di essersi occupato inizialmente di questa tematica nel 1975 mentre i primi video che parlano di una tecnologia pronta e disponibile ad una produzione di massa sono all’incirca del 1990.

E’ quindi oggettivamente difficile riferirsi ad un singolo argomento (o un singolo brevetto) contando sul fatto che sia proprio quello il fondamentale che rende possibile alimentare una auto ad acqua. Però c’è un minimo comun denominatore, che si ritrova poi in tutti gli altri ambiti oggetto di questa comunicazione, che l’alta tensione applicata all’acqua sia in grado di catalizzare qualche tipo di reazione nucleare in grado da sostentare un motore termico.



Brevetto Speri Zorzi

Il brevetto di Speri e Zorzi, due  ricercatori italiani autodidatti, è qualcosa di un po’ misterioso perchè non si capisce bene come mai loro abbiano rinunciato ad un progetto che sembrava a prima vista assolutamente promettente.
https://dl.dropboxusercontent.com/u/221473/BrevettoSperiZorzi.pdf.zip

Nella biografia di uno dei due viene detto che dopo aver avuto contatti ad alto livello anche con professori universitari all’Università di Tel Aviv si sono presi un tale spavento di quelle che potevano essere le conseguenze legate al portare avanti un tale progetto che rinunciarono all’impresa.

Leggendo il brevetto appare  comunque chiaro come loro facciano riferimento agli idrogeni che sono contenuti nel combustibile di un motore a scoppio e all’ importanza che rivestono le scintille ad altissima tensione nell’aumentare l’energia prodotta dal motore. Più in dettaglio, loro parlano di tensioni dell’ordine dei 60.000 V. I due autori esplicitamente correlano (molti anni prima di Fleischmann e Pons) l’aumentata produzione di energia con reazioni nucleari che avverrebbero, sebbene in limitata percentuale, tra i nuclei degli elementi che partecipano alla combustione.

La loro realizzazione in pratica è la seguente: aggiungono ad un classico motore a scoppio funzionante a benzina un paio di elettrodi che alimentano con una altissima tensione facendo scoccare scintille (temporizzate con il funzionamento del motore), e osservano un migliore rendimento dello stesso con l’applicazione delle scintille (ed opzionalmente anche di un campo magnetico).

La loro chiara rivendicazione è che questo processo dipenda da fenomeni di fusione nucleare che loro cercavano di incentivare (inserendo ad arte nella miscela con cui alimentavano composti di elementi come il litio o il boro che  favorirebbero la possibilità di reazioni nucleari) ed inoltre un’altra affermazione è di poter utilizzare non necessariamente benzina o idrocarburi per il funzionamento del motore ma al limite anche solventi (come l’acqua) dal momento che basandosi sulle reazioni nucleari dei protoni del combustibile diventa in linea di principio inessenziale lo sviluppo di energia di tipo chimico dovuto alla combustione dell’idrocarburo, rispetto alla possibilitò di catalizzare reazioni nucleari che, come ben sappiamo,  sono molto più energetiche delle reazioni chimiche. Esprimendo le energie in eV le reazioni chimiche hanno energie di 10-100 eV mentre invece le reazioni nucleari sono dell’ordine di 1.000.000 eV.

Anche in questo caso, come nel caso di Stanley Meyer, l’elemento comune che mi pare di cogliere è la presenza di scariche ad altissima tensione in presenza in particolare di idrogeno tra gli altri elementi, e l’idea che scariche elettriche ad altissima tensione possano catalizzare reazioni nucleari.

Articolo di Wendt Irion

Sentendo una trasmissione televisiva organizzata da Maurizio Torrealta, uno dei due autori del libro Il segreto delle tre pallottole che parlava di fusione fredda ho scoperto un ricercatore indiano che lavora in Italia e ha pubblicato diversi lavori su riviste ufficiali, il suo nome è Srivastava

Andando a leggere gli articoli che lui ha scritto ne ho trovato uno molto interessante che cita un esperimento del 1922. In quell’articolo gli autori rivendicano la trasmutazione del tungsteno in elementi leggeri come Elio semplicemente attraverso il passaggio di una scarica elettrica molto potente attraverso un filo di tungsteno. L’articolo però subito dopo la sua uscita era stato contestato a livello scientifico da molti altri autori e dimenticato nel cassetto della storia.

Srivastava (insieme con il prof. Widom, un altro dei massimi esperti mondiali sulla teoria della fusione fredda) invece analizzano di nuovo le condizioni sperimentali descritte nell’articolo del 1922 rovesciando completamente la prospettiva e l’analisi che ne esce secondo loro è che scariche elettriche di una intensità e corrente superiore ai 16.000 A in un filo  possono produrre reazioni nucleari, dandone una giustificazione teorica relativamente semplice nel testo dell’articolo. Basta applicare una equazione di Maxwell per ottenere il risultato. In pratica all’interno della scarica elettrica le particelle cariche assumono una energia superiore a quella necessaria per accedere alle reazioni nucleari. Questo modello viene utilizzato anche per spiegare come mai in natura si è osservato sperimentalmente che i fulmini sono in grado di produrre particelle ad altissima energia, comparabili a quelle delle reazioni nucleari.

Ecco l’articolo firmato da Srivastava, Widom, Larsen:
http://arxiv.org/abs/0709.1222

Articolo originale del 1922 a cui il precedente fa riferimento:
https://dl.dropboxusercontent.com/u/221473/1922Wendt-Irion.pdf

Partendo da questa giustificazione teorica ho pensato di produrre una scarica in acqua di amperaggio sufficiente per arrivare a produrre reazione nucleare. L’idea è quella di alimentare un motore termico con questo tipo di reazione, in analogia a Meyer e Speri Zorzi.

Per questo motivo mi sono dotato di due condensatori ad alta tensione sufficientemente grandi ho utilizzato l’alta tensione di un vecchio monitor a tubo catodico per caricare condensatori fino a 20000 Volts in modo da poter produrre nell’acqua una scarica sufficientemente energetica.

Ho fatto tutto questo in collaborazione con altre persone che mi hanno aiutato e che hanno condiviso con me la preparazione dell’esperimento principalmente con una collaborazione a livello di internet e posta elettronica (una mailing list). Gli esperimenti però hanno dato un esito negativo, ovvero una volta fatte passare una serie di scariche all’ interno dell’ acqua abbiamo misurato la differenza di temperatura  e abbiamo correlato la differenza di temperatura con l’energia  conferita al sistema per effetto Joule.

Nel caso fossimo riusciti a produrre reazioni nucleari avremmo dovuto vedere una quantità di calore fornita al sistema superiore alla quantità di energia fornita per effetto Joule.

Di fatto con una serie di scariche semplici con la geometria delle foto che ti allego
fusione1fusione2fusione3fusione4fusione5fusione6


non abbiamo verificato nessun eccesso di energia rispetto all’effetto Joule quindi nessuna reazione nucleare ma bisogna anche dire che la geometria della scarica in acqua non è esattamente la stessa geometria descritta dall’articolo di Srivastava e Widom per il filo di Tungsteno.

Mi rimane quindi la domanda ma per caso Stanley Meyer è stato in grado di produrre con le sue candelette una scarica nell’acqua o nel vapore acqueo che inietta va dentro cilindri uguale o superiore la scarica minimale per produrre energia e nucleare? Forse che l’apparecchiatura di Stanley Meyer è in grado di produrre le condizioni per cui le particelle che compongono l’acqua quindi essenzialmente elettroni e protoni che sono i nuclei dell’idrogeno e possibilmente anche i nuclei di ossigeno partecipano reagiscono anche in una minima proporzione in termini nucleare producendo una energia sufficiente a sostentare un motore termico

Questa è una curiosità che rimane aperta e che mi piacerebbe poter approfondire con la collaborazione spero di un gruppo di lavoro più ampio e numeroso di quello su cui ho potuto contare fino ad adesso


CONCLUSIONI:

1) la fusione fredda è un fatto reale seppure al momento di solo interesse accademico, dal momento che non è ancora stato sviluppato un processo industriale.

2) un processo industriale non viene sviluppato perché chi ha la possibilità di farlo (grandi soggetti economici che operano nel campo energetico) non ha interesse in questa direzione, o meglio ha l’interesse opposto, nel mantenere lo status quo che li vede monopolisti del mercato dell’energia.

3) Stanley Meyer, Speri e Zorzi  (e magari altri) avevano per caso scoperto qualcosa di promettente? Forse si può valere la pena di investire tempo e denaro per capire (per inciso Andrea Rossi probabilmente sta riuscendo in questo intento)

4) Ha senso (a parer mio in questo momento) passare all’azione e organizzare piccoli gruppi di ricerca, magari aiutandosi nel finanziamento con il meccanismo del crowd funding. La ricerca in questo campo non può essere lasciata ai grandi, che ne avrebbero i mezzi, esattamente come malgrado esistano la Apple e Microsoft c’è spazio per un sistema operativo diverso, Linux. 

Ciao